Per i pochi che non sapessero il suo preciso significato, nonostante in queste settimane se ne sia parlato più che in abbondanza, l’impeachment, nell’ordinamento giuridico americano, è la messa in stato d’accusa di una persona che detiene un’alta carica pubblica, ritenuta colpevole di azioni illecite nell’esercizio delle proprie funzioni, allo scopo di provocarne la destituzione.
Un’accusa che in queste ore ha dovuto subire il presidente Donald Trump: il tycon è infatti il terzo presidente americano finito sotto impeachment, dopo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998 (Nixon si dimise prima del voto).
Trump è quindi formalmente in stato d’accusa, accusato di abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso, e affronterà un processo al Senato che deciderà se rimuoverlo dalla Casa Bianca.
La prima accusa ruota intorno a una telefonata, che risale a luglio di quest’anno, in cui Trump sembra chiedere al presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj di aiutarlo a raccogliere informazioni compromettenti su Joe Biden, mentre la seconda accusa è dovuta al modo in cui Trump ha affrontato l’inchiesta aperta alla camera.
Secondo i democratici, la Casa Bianca avrebbe ordinato ai funzionari dell’amministrazione di non testimoniare davanti alle commissioni della camera e di non fornire i documenti che gli inquirenti avevano chiesto.