Dopo il prolungato lockdown che ha coinvolto la quasi totalità degli stati del mondo, il nostro pianeta stava tirando un “sospiro di sollievo”: per la prima volta da decenni l’aria e l’acqua risultano meno inquinati, grazie soprattutto al blocco dei trasporti ed anche di molte fabbriche per settimane.
Ma un disastro ambientale è appena arrivato a interessare la zona artica: secondo quanto chiarito da Svetlana Radionova, responsabile dell’organo federale per la tutela dell’ambiente (Rosprirodnadzor), in seguito a un calo di pressione nella centrale termo-elettrica TEZ-3 presso Norilsk, 300 km oltre il Circolo polare, 20mila tonnellate di combustibile diesel e lubrificanti sono fuoriuscite da una cisterna.
Ben 15mila tonnellate si sono riversate nei corsi d’acqua vicini, 6.000 sono state assorbite dal terreno.
Il disastro è avvenuto lo scorso 29 maggio ma solo in queste ore è venuto alla luce e quindi rimbalzato sui media internazionali.
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha immediatamente ordinato lo stato d’emergenza per concentrare quante più risorse possibile nell’operazione di decontaminazione: si tratta del secondo più grave incidente del genere nella storia della Russia moderna, in termini di volume di sostanze tossiche fuoriuscite.
Il triste primato è detenuto ancora dalla fuoriuscita di greggio verificatasi per diversi mesi nel 1994, nella regione di Komi.
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