Foraging, il bello di mangiare quello che si è raccolto

Redazione

La maggior parte di noi ama stare ai fornelli e cucinare ma certamente lo si fa con più piacere se si usano ingredienti sani, genuini e freschi.

Ma, se si riesce a trovare il tempo e se ne ha la possibilità, perché non procurarseli da soli, piuttosto che limitarsi ad andare al supermercato?

Si può ad esempio ricorrere al “foraging”, ovvero la pratica di raccogliere cibo selvatico nel suo ambiente naturale, impiegandolo poi in cucina.

In pratica, dopo essersi accuratamente informati su quello che si andrà ad incontrare, per evitare di consumare magari cibi nocivi e velenosi, ci si concede lunghe passeggiate in prati, boschi, argini dei fiumi, in tutti quei luoghi cioè dove è possibile raccogliere bacche, foglie, radici e cortecce commestibili, muschi e licheni, alghe e piante acquatiche ma anche carne e pesce.

I vantaggi sono indubbi: questa pratica permette di essere certa dei prodotti che si consuma,  trovati in ambienti incontaminati e quindi con un alto valore nutrizionale e a costo zero, senza contare che nella grande maggioranza dei casi si tratta anche di sapori nuovi ed insoliti.

Non mancano comunque neppure i rischi, ed è per questo che è necessario, prima di accostarsi a questa pratica, fare un corso per capire e riconoscere che cosa è commestibile e cosa no.

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