Quando si decide di prendere una casa in affitto, sono tanti gli aspetti che si devono tenere in considerazione, primo tra tutti il contratto che si andrà a stipulare con il locatore.
Anche se non si è esperti, bisogna subito informarsi sugli oneri fiscali a cui si va incontro, sul costo della registrazione del contratto, e più in generale su quali costi andranno a pesare sul locatore e quali sul locatario.
Spesso, poi, negli annunci si legge che il contratto sarà a “cedolare secca”: ma di cosa si tratta?
Come comunica in modo chiaro la stessa Agenzia delle Entrate, la “cedolare secca” è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali.
In più, per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione.
Quanto il locatore andrà a pagare si calcola sull’intero canone di locazione annuo stabilito dalle parti che non può essere inferiore alla rendita catastale. Per gli affitti a prezzo di mercato, si applica l’aliquota del 21% al posto dell’aliquota Irpef che varia a seconda del reddito.
Inoltre, per le locazioni a canone concordato, l’aliquota è al 15%, ridotta al 10% per il biennio 2018- 2019.
La finalità principale dell’introduzione della cedolare secca per gli affitti è di arginare l’evasione fiscale nel settore degli affitti promuovendo la registrazione delle locazioni.
Attenzione, però: soltanto i proprietari d’immobili destinati a scopo abitativo possono scegliere la cedolare secca e di conseguenza restano esclusi dall’opzione gli imprenditori e professionisti che agiscono nell’esercizio della loro attività.